Lo sento da quando ho cominciato a lavorare nelle amministrazioni, pubbliche e private: troppa burocrazia, troppi formulari, inutili.
Vale per la cura – in alcuni ospedali i giovani medici passano il 75% del loro tempo a redigere rapporti – vale per la scuola. Per le grandi amministrazioni private e pubbliche.
Non è che non si reagisca: mozioni, interpellanze, addirittura la creazione di un partito – o movimento – per eliminare i “nullafacenti”.
Poi di solito si finisce nella soluzione di inerzia, la creazione di un gruppo di lavoro o un gruppo di esperti esterni – meglio se di un istituto universitario – con il mandato di affrontare il tema e proporre soluzioni. Soluzioni immediatamente sabotate se toccano interessi diretti, sindacali o di categoria.
Per non arrendersi, pronta un’altra soluzione di inerzia, la creazione di un nuovo organismo di controllo. Permanente.
Con il compito di verificare che le misure di semplificazione siano implementate correttamente.
Cosi accanto all’Ufficio controllo della qualità, gestione ecocompatibile, pari opportunità, gestione del mobbing, prevenzione delle molestie sessuali – forse ho dimenticato qualcosa – si aggiunge l’ufficio della semplificazione, competente per … Beh, evidentemente per semplificare il complesso sistema gestionale.
Magari val la pena riprendere il testo di Northcote Parkinson che nel 1957 scrisse, dopo una onorata carriera dell’amministrazione dell’allora Impero britannico, un libricino “La legge di Parkinson, ovvero 1=2”. In super sintesi spiega come un impiegato coscienzioso e impegnato, si trovi “nell’età di mezzo” sovraccarico di lavoro, si senta stanco. Potrebbe chiedere di dividere il lavoro con un collega, ma questo diminuirebbe il suo prestigio e la sua autorità. Meglio assumere due subordinati, in modo che la gerarchia sia preservata. Cosi lo stesso lavoro ora lo fanno in tre. Rapidamente il lavoro di coordinamento cresce – ci sono tra l’altro piccoli conflitti tra i due subordinati, che si sentono essi stessi oberati -. La soluzione? Ognuno assume due subordinati. Cosi ora sono in sette. Il lavoro di coordinamento aumenta.
L’autore sottolinea l’aspetto scientifico della sua scoperta, fatta senza alcuna finalità pratica: “Sradicare le erbacce non è compito del botanico. Egli ha già fatto abbastanza quando ci dice con che velocità crescono”.
Allora non ci sono soluzioni?
Fare più dello stesso, come dicono i terapisti sistemici, non serve. Meglio inserire un fattore distruttivo nel sistema. Nominare in alcuni posti ben identificati dipendenti preparati, intelligenti, ma molto lazzaroni. Largheggiare nella partecipazione a congressi, perfezionamenti, formazioni universitarie. Al suo pensionamento, che si presume anticipato, l’ufficio può essere definitivamente chiuso e nessuno se ne accorge. Neanche i sindacati protesteranno. Quasi una soluzione omeopatica, lenta ma efficace come i processi fisiologici.
Abusi nello sport? Subito una contromisura efficace. Si crea Swiss Sport Integrity.
All’inizio del secolo scorso di fronte a problemi altrettanto urgenti – magari più vitali – si crearono Pro Juventute, Pro Infirmis, Pro Senectute. In latino, evidentemente, così in tutte le regioni linguistiche si capiva, senza bisogno di traduzioni. Un secolo dopo esistono ancora e sono comprensibili.
Negli ultimi anni si sono creati molti organismi federali. Il più recente Swiss integrity sport, ma qualche anno fa la Swiss universities, come organo centrale di coordinamento della formazione e della ricerca universitaria svizzera. Il programma federale per la formazione dei medici ha adottato la sigla Profiles, è scritto in inglese e non è stato tradotto. Neanche in tedesco. Un corso di successo delle università svizzere è la Swiss School of Public Health+: da notare la croce svizzera per togliere ogni equivoco.
Potrei continuare. L’importante è affermare che la Svizzera è quadrilingue. Poi nella pratica se andava bene il latino, perché non l’inglese?
Mancano educatori e educatrici della prima infanzia
È una notizia riportata dai giornali svizzeri tedeschi. Manca il personale, gli asili nido devono ridurre la capienza. Per molte mamme la ripresa lavorativa si farà impossibile o dovrà essere interrotta. Magari non c’entra, ma mi è venuta in mente una considerazione che avevo fatto già molti anni fa. Gli psicologi sottolineano come gli anni della prima infanzia siano i più importanti per lo sviluppo di una persona. Le competenze fondamentali come fidarsi, dare fiducia, collaborare, vincere e perdere, litigare e fare la pace, perdonare si imparano in quei primi anni. Poi su questa base si imparano altre competenze importanti, ma spesso settoriali e che un sistema di intelligenza artificiale è in grado di di imparare molto più rapidamente che una giovane persona. Non ho mai trovato un adulto in difficoltà nella vita perché non padroneggia le equazioni di secondo grado o il genitivo sassone in tedesco. Parecchi non sanno collaborare, dare fiducia, perdonare: si rendono infelici e fanno soffrire.
Se lo stipendio fosse in relazione all’importanza del ruolo gli educatori della prima infanzia dovrebbero essere i meglio formati e pagati. Nella realtà il salario è in funzione del peso dell’educando: massimo al liceo, minimo nelle culle e scuole materne. Ci vuole un rapporto concreto, oggettivo, facile da misurare: siccome non si può pesare il prodotto si pesa il soggetto da formare.
Mi sembrava una stranezza tipica solo dell’educazione, poi recentemente in una discussione con medici ho scoperto che i pediatri hanno entrate più basse di altri specialisti. Giusto, i loro pazienti pesano meno. Poi scoprii che questo rapporto vale anche per gli psichiatri. Si sa la mente pesa poco. Lo spirito non pesa.
Dimenticavo : i pedopsichiatri hanno il reddito più basso. Adesso capisco perché.
Era già capitato con le braccia. Quelle dei ticinesi nel secolo scorso in Australia, in California. Più recentemente dal Sud Italia per la Svizzera E poi ci accorse che era più complicato Come disse Max Frisch “Cercavamo braccia e sono arrivati uomini”.
Non fuggono i cervelli, ma le persone. Il cervello è collegato con un cuore, con le mani. Isolare il cervello è sbagliato, legato a un modo superato di leggere le attività umane. Mestieri manuali e intellettuali. I secondi più nobili dei primi. Come se non fossero le mani del chirurgo che operano. O il cuore dell’artista che suscita emozioni.
Una concezione che non permette di capire la realtà odierna. Il lavoro del contadino è manuale? Forse prima di rispondere bisogna visitare una stalla moderna di montagna dove le mucche vengono munte da un robot in modo automatico, mentre il contadino guida con un telecomando un apparecchio che taglia il fieno sui pendii più ripidi. Poi la sera fa il bilancio della sostenibilità dei suoi processi di produzione. Il lavoro del medico è intellettuale? Magari quando il latino era la chiave della conoscenza, ora provate ad assistere a un esame clinico con strumenti sofisticati, guidati da tecnici specializzati. Poi certo c’è la sintesi, la comunicazione con il paziente, l’etica.
Mi pareva una premessa necessaria. Altrimenti si applicano criteri vecchi a problemi nuovi. Come un Sindacato docenti che si allarma dell’abbassamento “dell’asticella” perché, con opportuni complementi, le maturità professionali possono dare accesso alla formazione di insegnante. Come considerare la scuola media propedeutica al liceo e il liceo l’unico luogo per nutrire i cervelli, dimenticando la ricchezza degli altri contesti dove il cervello, le mani e il cuore trovano il loro sviluppo.
Allora nessun problema? I cervelli non fuggono? Certo le persone si spostano cercando le condizioni migliori per sviluppare le loro competenze tecniche, scientifiche, artigianali, artistiche. Devono partire da questo fazzoletto di terra per fare esperienze, acquisire nuove competenze, stabilire contatti. Intanto altre persone arrivano da noi e ci portano nuovi stimoli, nuove competenze.
Poi qualcuno torna e diventa Rettore dell’Università, o fonda una ditta artigianale o riprende l’azienda agricola del padre o diventa ricercatore in un istituto di biomedicina. Movimenti complicati perché difficile è trovare o creare le condizioni per poter valorizzare con successo, in una piccola realtà, le competenze acquisite.
Oggi in Ticino il bilancio finale sembra negativo, ma difficile da capire in tutti i suoi aspetti. Non ho soluzioni e non ho neanche i dati: non so quanti partono e quanti tornano e quando; quanti arrivano e restano; quanti vorrebbero venire e non possono. Movimenti complessi di persone, con mani, cuori e cervelli.
Vedere solo cervelli – e pensare solo agli accademici – potrebbe serbarci brutte sorprese. E’ già capitato
La direttrice del Politecnico federale di Zurigo, Sarah Springmann, ha ricevuto a inizio gennaio 2022 una onorificenza dalla Regina Elisabetta. E’ stata nomina “Dame of Commmander” , il secondo rango della Casa regnante inglese.
Il Dipartimento federale degli esteri ha prontamente reagito e citando un articolo di legge del 1848 il 9 gennaio le ha fatto notare che funzionari svizzeri non possono ricevere onorificenze estere.
La professoressa Springmann, non solo ricercatrice di punta ma anche campionessa europea di triathlon, ha reagito con un Twitter in cui si chiede cosa le può capitare “Licenziamento, annullamento della pensione, prigione.. E se avessi ricevuto il premio Nobel?”.
Tranquilli, si tratta di una infezione benigna, come un raffreddore: a febbraio la signora Springmann, inglese, non è più Rettrice del Politecnico e diventa Direttrice di un importante istituto dell’Università di Oxford. Quindi da febbraio può accettare l’onorificenza straniera. La legalità è salva.
Forse le leggi dovrebbero avere una data di scadenza. Come gli yogurt.
O funzionari meno solerti.
Non mi piacciono i prati inglesi, belli lustri di verde, senza un’ortica.
Le erbe sono diverse, ci sono le ortiche che pungono, il basilico che profuma, il grano che nutre.
Gli animali sono diversi, noiosi come le zanzare, simpatici come le galline, pericolosi come i cani rabbiosi.
Diversi sono i contesti in cui la natura si manifesta: la pioggia o l’alluvione, il solido terreno o il terremoto, la neve soffice o la valanga.
Questa diversità fondamentale non ha una base legale: in nessuna nazione, né in quelle dittatoriali né in quelle democratici, né nelle piccole comunità anarchiche.
E’ inutile chiedersi se si è d’accordo o no. La diversità e l’imperfezione, lo squilibrio che ne consegue sono costitutive. Non si cambiano. Fanno parte della vita, che è diversa e imperfetta.
Questo non vuol dire che mi piace. D’altra parte quando qualche miliardo di anni fa è partito il processo con il big bang nessuno mi ha chiesto il parere. Pare non sia neanche stato deciso a maggioranza. E non c’era base legale.
Non mi piacciono le zanzare, l’afa estiva, le persone noiose, ma ho capito che devi imparare a convivere, senza sperare di eliminarle. Appena avete eliminato una persona noiosa, un’altra occupa il suo posto. È come l’anziano del villaggio, o l’ultimo della classe o della corsa.
La diversità si manifesta anche nella sensibilità verso certe espressione della vita collettiva.
Personalmente l’investimento di soldi pubblici e privati nello sport competitivo mi dà fastidio.
Pesticidi generosamente utilizzati per avere terreni di calcio perfetti, energia per creare ghiaccio d’estate, forze di polizia per sedare scontri tra tifoserie. Non episodi sporadici, ma previsti e prevedibili. Non per questo penso che bisogna intervenire con le ruspe per distruggere gli stadi.
Anche certe forme che si vogliono culturali mi lasciano perplesso. L’uso di soldi pubblici per mettere in mostra, e magari restaurare, la scatola con la merda dell’artista mi sembra un abuso. Accetto la diversità, ognuno si identifica con il suo prodotto – la merda in questo caso - ed è umano volerlo rendere eterno. Mi piace molto il teatro, non tutto, meglio spesso quello di una piccola compagnia, magari in strada o in uno scantinato.
Sono convinto che per vivere bene ci vuole una comunità. Per qualcuno la parrocchia, per altri il club sportivo, il gruppo teatrale, il centro sociale autogestito, la banda musicale.
Come un prato biodiverso dove tante erbe diverse crescono, fioriscono e attirano le farfalle. Dove c’è posto anche per le ortiche che non piacciono a tutti: pungono ma devono trovare il loro spazio.
E poi il risotto alle ortiche a me piace.
Ogni tanto mi siedo al bar a bere un caffè e leggere i giornali, se possibile: oggi tutti occupati da anziani diligenti, che li leggono da cima a fondo. Pazienza.
Il mio vicino ha cominciato a raccontare.
“Era capitato che durante una festa la vita di un vagabondo, uno di fuori, venisse messa seriamente in pericolo e il suo cane venisse ucciso. Tutti avevano sentito i colpi di pistola.
Le solerti autorità giudiziarie iniziarono subito le inchieste del caso. In poche settimane poterono concludere che i bossoli rinvenuti nella terra non avevano provocato inquinamento alcuno. La pistola era stata regolarmente segnalata alla competente autorità. Il possessore aveva un regolare porto d’armi, tempestivamente rinnovato alla scadenza. Dal punto di vista legale non era quindi constatabile nessuna violazione. Restava da chiarire se chi aveva sparato avesse infranto una legge. Non fu il caso perché si è potuto appurare che c’era stato un errore di comunicazione. Uno aveva detto “spera”, l’altro aveva capito “spara”. Una “comunicazione claudicante”, evidentemente un problema ortopedico e non penale. Il caso si chiuse senza condanne. Poi…”
Nel frattempo si era liberato un giornale e mi ero precipitato a prenderlo.
Intanto pensavo all’importanza della precisione linguistica. Mi pareva di ricordare una situazione analoga, dalle nostre parti, dove si era detto “demolisci il tetto” e si era capito “demolisci tutto”.
Carenza nella formazione linguistica.
O un’altra dove alcuni avevano capito “dormite sereni”, invece di “con le sirene”.
Forse è colpa della scuola non abbastanza severa. Forse.
Avevo trovato il giornale e incominciato a sfogliarlo, ma intanto come un chiodo fisso mi tornava la preoccupazione di come migliorare la precisione della comunicazione.
Se non si è precisi – a dire e a capire – ci possono essere conseguenze. Non penali, ma penose.
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